Parlare di informatica oggi significa discutere di uno strumento irrinunciabile della nostra vita quotidiana tanto che le problematiche giuridiche sollevate dallo sviluppo dell’universo elettronico rappresentano oggi il principale terreno di sfida culturale.
In tale ambito, uno dei temi che più appassionano gli esperti è proprio quello relativo al computer come “prova”: che si tratti di acquisire, analizzare o utilizzare in un processo (ovvero nel corso di un’indagine) i dati raccolti il computer si è spesso rivelato un “testimone chiave” per l’accusa o per la difesa.
Sebbene formalmente sarebbe più corretto parlare del computer come “prova” oppure come “fonte di prova”, non di rado l’approccio del perito (nominato dal giudice) o del consulente (nominato da una delle parti) con il computer è più simile a quello di chi interroghi un testimone reticente, piuttosto che quello di chi esamini un reperto inanimato: non basta trovare tracce del reato (o non trovarne), occorre interpretarne i silenzi (i dati sono stati cancellati o non sono mai esistiti?) e, persino, le “rivelazioni” (i dati si trovano lì ad insaputa dell’imputato\indagato o vi sono stati consapevolmente collocati da lui?).
Scherzi a parte, proprio per questa ragione l’analisi di un computer non dovrebbe mai ridursi ad un “positivo” o ad un “negativo”, ma dovrebbe essere sempre adeguatamente motivata, soprattutto in presenza di reati particolarmente odiosi quali quelli di detenzione, cessione o divulgazione di pornografia minorile o atti persecutori. L’analisi non può essere ridotta ad un’attività meramente informatica ed il consulente dovrebbe sempre cercare di ricostruire il comportamento tenuto dall’imputato di fronte al computer: in questo modo è possibile poter correttamente interpretare i risultati dell’analisi anche alla luce di tale ricostruzione comportamentale tanto che, spesso, è necessario valutare se un determinato atto è stato compiuto volontariamente oppure no ovviamente senza esagerare dato che la sfera di cristallo non dovrebbe rientrare nella dotazione hardware del consulente tecnico…
Tale interessante branca dell’informatica forense prende il nome di “computer forensics“.
Spesso nei film vengono mostrate procedure e strumenti di analisi forense, ma, altrettanto spesso, vengono commessi numerosi errosi, come è possibile vedere in queste sequenze tratte dal telefil “RIS, delitti imperfetti”, che ben potremmo sottotitlare “come NON fare un’analisi”: