Diritto, informatica e dintorni

Avv. Emanuele Florindi - Docente a contratto di Diritto dell'Informatica e di Informatica forense -

2001 – La tutela del software in sede civile

Ripropongo qui, senza integrazioni o modifiche, un mio articolo pubblicato in «Diritto e Processo» a cura di Antonio Palazzo, anno 2001, pag.119ss

Sommario: 1. Premessa ―2. L’oggetto della tutela: i programmi per elaboratore ―3. segue: le banche dati ―4. Difese e sanzioni civili ―5. segue: norme relative ai diritti di utilizzazione economica ―6. segue: norme relative ai giudizi concernenti l’esercizio del diritto morale ―7. segue: le azioni cautelari  ―8. segue: legittimazione ad agire ―9. I programmi shareware

 

  1. Prima di esaminare la tutela civilistica del software, è opportuno tracciare rapidamente la storia della disciplina italiana del diritto d’autore.

La nascita del diritto d’autore può essere idealmente fissata nel periodo successivo al XV secolo dopo Cristo1 quando, in seguito all’invenzione della stampa a caratteri mobili, l’attività di produzione editoriale ebbe un notevole sviluppo tanto da spingere gli autori a richiedere sempre più spesso il diritto di esclusiva sulle proprie opere.

Il primo concreto tentativo di tutela si è sviluppato a Venezia, centro europeo dell’editoria, dove verso la fine del 1400 è nato il sistema dei privilegi concessi dapprima ad editori e stampatori e infine agli stessi autori come riconoscimento dell’azione creativa2.

In seguito il sistema dei privilegi si è diffuso, espandendosi da Venezia in tutta Europa, rimanendo in uso fino al 1710, anno in cui la Regina Anna emanava in Inghilterra il «Copyright Act» che prevedeva il riconoscimento all’autore della proprietà dell’opera e ne garantiva la protezione per un massimo di 28 anni3.

Sin da allora, in omaggio ad una lunga tradizione, secondo il diritto d’autore, l’opera si considera composta da due parti il corpus mysticum ed il corpus mechanicum4: il primo di proprietà esclusiva dell’autore in quanto contenuto dell’opera e, quindi, immagine del suo sforzo creativo, mentre il secondo, trattandosi del mero supporto materiale, appartiene a chiunque lo acquisti.

Per quanto riguarda l’Italia preunitaria, un primo decreto in materia veniva emanato il 12 gennaio 1799 dal governo rivoluzionario piemontese, mentre nel 1801, nella Repubblica Cisalpina, era promulgata una legge organicamente più completa.

Dopo la restaurazione del 1815, si è assistito all’adozione di vari provvedimenti legislativi nello Stato Pontificio, nel Regno delle Due Sicilie, nel Regno di Sardegna5, nel Ducato di Parma e nel Granducato di Toscana, che,però, si rivelano di ben poca utilità, soprattutto in considerazione delle numerosissime frontiere che ne limitavano l’ambito di efficacia e la facilità con la quale, percorrendo soltanto pochi chilometri, si rendeva possibile trascurare impunemente l’esistenza, se non dell’autore, dei suoi diritti6.

Per porre un limite a tale situazione nel 1840 è stata stipulata una convenzione tra gli Stati Sardi, l’Austria ed il Granducato di Toscana7.

La prima legge italiana seguiva di poco l’unificazione del paese e portava la data del 25 giugno 1865.

Tradotta con qualche modificazione, nel testo unico del 19 settembre 1882 n. 1012, rimase in vigore sino al 1926, anno in cui venne sostituita dal decreto legge 7 novembre 1925 n. 1950, contenente disposizioni sul diritto d’autore, e dal relativo regolamento8.

Ad eccezione di poche modifiche, la disciplina rimase invariata sino al 18 dicembre 1942, data in cui entrava in vigore la legge 22 aprile 1941 n. 633 ed il relativo regolamento9, ancor oggi vigente, sia pure con alcune integrazioni tra cui ricordiamo qui la legge 18 agosto 2000 n. 248 che ampie polemiche ha sollevato in dottrina.

Con il passare degli anni, grazie all’intervento del legislatore la legge sul diritto di autore si è evoluta adeguandosi allo sviluppo tecnologico e giungendo infine a tutelare anche il software.

È evidente che l’effettivo riconoscimento di un diritto non è di per se stesso sufficiente perché questo ottenga il rispetto da parte della collettività, ragione per cui si rende necessario realizzarne la protezione, attraverso una combinazione di norme civili e penali volte a garantire l’efficacia e l’effettiva attuazione della norma che lo costituisce.

In origine, prevalse la convinzione che la sanzione penale fosse un valido rimedio per reprimere dette violazioni, ritenendosi che ad ogni singolo diritto riconosciuto dalla legge sulle opere d’ingegno dovesse corrispondere una sanzione di carattere penale da infliggersi all’autore della violazione relegando in secondo piano la tutela nelle sedi civili10.

L’attuale legge predispone, invece, strumenti di difesa sia in ambito civile che penale cercando di arrivare a garantire la tutela del diritto a 360 gradi11.

È stato da più parti osservato che una caratteristica particolare dei diritti sulle opere d’ingegno, è rappresentata dalla circostanza che, nel momento in cui essi vengono violati, il soggetto titolare non è privato della possibilità di continuare a usufruire del bene protetto e di compiere atti di esercizio del relativo diritto.

Tale diritto si trova, tuttavia, ad essere compresso e circoscritto dall’altrui abusiva utilizzazione economica.

La caratteristica de qua è strettamente connessa alla natura del bene protetto.

L’opera dell’ingegno, infatti, non è appropriabile fisicamente, in quanto è sempre possibile riprodurre più esemplari, trasmettendoli anche a notevole distanza e consentendone una concomitante e plurima utilizzazione economica da parte di più soggetti: basti pensare alle copia pirata dei programmi per computer12.

Risulta evidente che tale situazione lede profondamente la capacità di sfruttamento economico dell’opera, riservata dalla legge all’autore, riducendo drasticamente le possibilità di guadagno che ne derivano.

Il diritto d’autore garantisce, quindi, due tipi di diritti:

  • diritti morali;
  • diritti di utilizzazione economica.

I diritti morali13 tutelano la personalità dell’autore, sono inalienabili e imprescrittibili e garantiscono all’autore specifiche facoltà contemplate espressamente dalla legge.

In particolare si ricorda: il diritto di opporsi a deformazioni, mutilazioni o qualsiasi altra modifica che, per modalità o natura, siano suscettibili di arrecare un danno all’opera ovvero pregiudichino l’onore e la reputazione dell’autore14; il diritto di rivendicare la paternità dell’opera15; il diritto di inedito ovvero quello di determinare il momento e i limiti della pubblicazione16 ed infine il diritto di ritirare la propria opera dal commercio laddove sussistano gravi ragioni etiche o morali17.

I diritti di utilizzazione economica18 sono liberamente disponibili compiuti i sedici anni19, durano «per tutta la vita dell’autore, sino al termine del cinquantesimo anno solare dopo la sua morte»20 e gli garantiscono il diritto esclusivo di utilizzare l’opera «in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati» dalla legge21, il diritto di riprodurla in più esemplari22, di trascriverla se orale23, di eseguirla, rappresentarla o recitarla in pubblico24, di diffonderla a distanza25, di metterla in commercio ovvero comunque a disposizione del pubblico26, di tradurla, elaborarla e pubblicarla in raccolte, nonché quello di noleggiarla e di darla in prestito27.

Tutte le suddette garanzie, morali ed economiche, sorgono ex lege nel momento in cui il prodotto viene alla luce e non richiedono ulteriori formalità se non la realizzazione28.

Secondo l’articolo 1 della legge sul diritto d’autore l’ordinamento tutela «le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro, alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione».

La protezione è stata successivamente29 estesa anche al software, equiparato ad un’opera letteraria30, ed alle banche dati31.

 

  1. La tutela del diritto d’autore in materia di software e banche dati pone in dottrina e giurisprudenza notevoli problemi, soprattutto in relazione alla facilità con cui è possibile duplicare e diffondere abusivamente tali programmi.

È opportuno osservare che, sino alla novella del 199932, le banche dati erano sottratte alla protezione della legge, stante l’erronea indicazione del legislatore del 1992 che aveva esteso la tutela esclusivamente ai programmi per elaboratore33.

Non è, infatti, casuale che la legge sul diritto d’autore dedichi due sezioni differenti34 alla tutela dei programmi per elaboratore ed a quella delle banche dati35.

Nella sezione VI, introdotto in attuazione la direttiva 91/250/CEE36, il legislatore ha inteso regolamentare in maniera più dettagliata l’utilizzazione economica dei programmi per elaboratore.

In particolare si prevede espressamente la possibilità, per chi ha diritto di utilizzare il programma, di effettuare una copia di riserva. Tuttavia seri dubbi sorgono in merito all’effettiva portata di tale diritto laddove il legislatore ha previsto che la realizzazione della copia debba essere necessaria all’uso del programma37.

Detta necessità, di fatto, raramente sussiste data la natura dell’utilizzazione di un programma per elaboratore che, in genere, è interamente copiato nell’hard disk del computer dell’utente e poi, di volta in volta, caricato spesso senza alcuna esigenza di utilizzare ulteriormente i supporti forniti38 dal produttore o dal distributore.

Tuttavia, vi è sempre il rischio di un deterioramento o danneggiamento involontario del supporto originale, rendendo una prassi costante il ricorso alle copie di sicurezza dei programmi posseduti39.

Tale consuetudine si scontra, però, con l’effettiva portata della legge e, soprattutto, con le sempre più invadenti misure di protezione ideate dai produttori di software per impedire la duplicazione abusiva dei propri prodotti, ma che, necessariamente, impediscono anche la duplicazione legittima dei programmi40.

Una soluzione ottimale del problema, per quanto empirica, potrebbe essere individuata nella proposta, da più parti avanzata alle software house, di inserire ab origine due copie del programma all’interno della confezione, in modo da evitare che l’utente debba effettuare personalmente le proprie copie di sicurezza41.

A ciò deve aggiungersi che in base alla recente novella della legge sul diritto di autore è stato di fatto sanzionata penalmente la diffusione e la detenzione di strumenti in grado di superare quelle protezioni messe dai produttori a tutela del proprio prodotto42.

C’è da dire che, da un punto di vista strettamente penalistico, potremmo ritenere che la detenzione e l’utilizzo di un crack, per realizzare una copia di sicurezza di un programma regolarmente licenziato, non dovrebbe essere punibile in quanto esercizio di un diritto43, ma, tuttavia, la questione, oltre che esulare dall’oggetto della presente trattazione, appare di non semplice soluzione, anche alla luce di quanto disposto dal legislatore penale in materia di diffusione di programmi aventi per scopo l’alterazione di altri programmi per elaboratore44.

Da ultimo si osserva qui, esclusivamente in via incidentale, che, ammessa e non concessa l’applicabilità dell’esimente di cui all’articolo 51 c.p. al titolare della licenza e, di conseguenza, la sua non punibilità, tuttavia, detta norma non potrebbe certo salvare il soggetto terzo che ha provveduto alla diffusione, con qualsiasi strumento, dei mezzi, non solo programmi, ma anche semplici istruzioni, necessari alla rimozione o all’elusione delle misure di sicurezza.

Un’altra questione particolarmente controversa è legata al diritto che viene riconosciuto al titolare della licenza di «… osservare, studiare o sottoporre a prova il funzionamento del programma allo scopo di determinare le idee ed i principi su cui è basato ogni elemento del programma…»45.

Si tratta del c.d. processo di reverse engeenering in base al quale, partendo dal prodotto finito, è possibile risalire al codice del programma in modo da studiarne il funzionamento ed, eventualmente, scoprire funzioni nascoste o non documentate46.

L’ottimo sarebbe di poter disporre dei codici sorgenti, in modo da poterli studiare, modificare ed adattare alle proprie esigenze, ma, purtroppo, una simile prassi, tipica degli ambienti del software libero e dell’open source47, difficilmente riuscirà ad imporsi tra i produttori ed i distributori di software commerciali48.

 

  1. La sezione VII della legge sul diritto d’autore garantisce invece la tutela delle banche dati provvedendo a colmare una notevole lacuna legislativa.

La tutela prevista dal decreto legislativo 518 del 1992, che ha esteso al software la tutela delle opere dell’ingegno, non si estendeva, infatti, automaticamente e necessariamente alle banche dati che, effettivamente, programmi non sono49.

Queste, infatti, sono composte da una «doppia anima», un programma che si occupa di gestire la consultazione del materiale, spesso di minima importanza rispetto al valore dell’opera, e la raccolta di dati che rappresenta il vero cuore ed il vero valore dei prodotti che, non a caso, vengono chiamati «banche dati».

Il legislatore50 ha, quindi, previsto l’applicabilità della legge anche a tali prodotti, specificando che detta tutela «non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale contenuto»51; questo significa che la protezione riguarda l’attività di realizzazione della struttura del data-base e non i dati utilizzati, per i quali, nel caso si tratti di opere protette, è prevista autonoma tutela.

In particolare la legge individua dettagliatamente diritti e doveri di chi realizza e di chi utilizza una banca dati.

L’autore ha lo ius vitae ac necis in relazione alla sua creatura ben potendo decidere se eseguirne o autorizzarne la riproduzione, la traduzione, la distribuzione o se mostrarla o presentarla al pubblico  anche attraverso la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo52.

Interessante è il diritto, riconosciuto all’utente53, di accedere o di consultare, senza l’autorizzazione dell’autore, la banca di dati quando vi siano «esclusivamente finalità didattiche o di ricerca scientifica, non svolta nell’ambito di un’impresa, purché si indichi la fonte e nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito».

Anche nell’ambito di tali attività, restano comunque soggette all’autorizzazione del titolare del diritto tutte le eventuali operazioni di trasferimento permanente su altro supporto della totalità o di parte sostanziale del contenuto.

È stato, tuttavia, osservato54 che, la legge non fa alcuna menzione della problematica legata alla tutela dei contenuti dei siti internet che pure, essendo spesso e volentieri «raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo» ben possono essere ricondotti nell’alveo della definizione dell’articolo 2 numero 9 della legge sul diritto d’autore.

D’altra parte, se anche volesse negarsi al sito web lo status di banca dati, e non si vede come ciò possa essere possibile, sempre più frequenti sono i siti che ospitano data-base consultabili, gratuitamente o a pagamento, direttamente on-line.

La questione porta seco alcuni corollari che non si può aver qui la pretesa di analizzare e risolvere.

È qui sufficiente ricordare, a puro titolo di esempio, le problematiche sollevate in materia di collegamenti ipertestuali55 ovvero in relazione al cd grabbing di siti internet che alcuni programmi effettuano per permettere poi all’utente di navigare off-line.

Si osserva poi come il legislatore56 abbia introdotto una tutela speciale per i diritti del costitutore di una banca dati definendo questo soggetto come colui che ha effettuato «investimenti rilevanti per la costituzione di una banca dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando a tal fine mezzi finanziari, tempo o lavoro»57.

Detto nuovo diritto, chiamato dal legislatore comunitario diritto «sui generis», è stato introdotto al fine di tutelare anche il soggetto che ha materialmente investito tempo o denaro nella realizzazione di una banca dati, in quanto questa rileva, oltre che come creazione intellettuale, anche come risultato di un rilevante investimento dell’attività d’impresa58.

A tale proposito è stato osservato59 che «l’entità dei costi necessari perché l’investimento possa dirsi «rilevante» non può essere valutata in senso assoluto, bensì in rapporto al settore, al livello degli investimenti normalmente effettuati da altri soggetti, o dal medesimo soggetto, in tempi anteriori o concomitanti.

Nel computo delle risorse impiegate debbono essere compresi tutti i costi per la realizzazione, a cominciare da quelli necessari per la raccolta dei dati, la loro elaborazione e il successivo trattamento».

Da ultimo non può tacersi la problematica volta a catalogare le opere multimediali60.

In particolare ci si domanda se l’opera multimediale possa essere identificata con una delle seguenti categorie di prodotti dell’ingegno: software, film, opere audiovisive e banche di dati61.

La questione si potrebbe risolvere equiparando l’opera multimediale alla banca di dati, ma ciò potrebbe trovare una giustificazione soltanto laddove si analizzino opere multimediali non particolarmente «impegnate»; in caso contrario, invece, qualificare il prodotto multimediale come «banca dati» apparirebbe riduttivo62.

Ciò nonostante tale accostamento è quello che ha ottenuto maggior fortuna, anche se è destinato ad entrare in crisi ogni qualvolta il prodotto presenti elementi artistici63.

 

  1. Il Capo III del Titolo II della legge sul diritto d’autore64 si occupa delle difese e delle sanzioni giudiziarie.

Il legislatore ha previsto una serie di norme volte a tutelare l’autore, sia in sede civile che in sede penale.

Per quanto riguarda il sistema di difese e sanzioni civili, queste sono contenute negli articoli da 156 a 170, destinati a proteggere il titolare del diritto dalle violazioni dei diritti a lui riconosciuti.

Il primo paragrafo65 descrive le azioni a tutela dei diritti di utilizzazione economica, che, tuttavia, possono trovare almeno in parte applicazione anche in relazione ai giudizi concernenti il diritto morale, mentre il secondo66  riguarda la difesa dei diritti morali.

Tutte le suddette azioni possono essere esercitate indipendentemente l’una dall’altra, oppure congiuntamente, ad esempio nel caso in cui la violazione comporti lesione di entrambi i diritti, purché l’azione esercitata sia compatibile con la natura del diritto morale67.

Si ritiene qui opportuno ricordare come l’articolo 19 della legge preveda espressamente che «i diritti esclusivi previsti dagli articoli precedenti sono fra loro indipendenti» e, soprattutto, che «l’esercizio di uno di essi non esclude l’esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti».

Le descritte azioni possono essere volte ai seguenti risultati:

  • accertamento della titolarità del diritto;
  • inibitoria dell’attività illegittima in violazione del diritto;
  • rimozione o distruzione dello stato di fatto da cui risulta la violazione del diritto;
  • risarcimento del danno subito dal titolare del diritto leso.

Corollario di queste azioni è la pubblicazione della sentenza, su istanza di parte o d’ufficio.

 

  1. Nella Sezione I vengono trattate le questioni relative alla tutela dei diritti di utilizzazione economica e, più precisamente, viene espressamente stabilito che «chi ha ragione di temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante in virtù di questa legge, oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta, può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia interdetta la violazione»68.

Si tratta delle azioni di accertamento e interdizione volte, rispettivamente,  ad ottenere una pronuncia di accertamento della titolarità del diritto ovvero a precludere la continuazione o la ripetizione di un illecito attraverso una pronuncia giudiziale.

Entrambe le azioni possono essere esercitate anche qualora vi sia il timore di una violazione non ancora avvenuta.

È evidente che dovrà trattarsi di un timore fondato, alimentato da elementi concreti e basato su dati di fatto.

Nel caso in cui il diritto sia già stato leso, il titolare dell’azione potrà agire per far cessare il fatto lesivo del suo interesse ovvero per impedire che si ripeta.

In genere si ritiene che l’azione de qua è prevalentemente destinata a prevenire la violazione; inoltre questa ha lo scopo di giungere a un provvedimento di condanna da parte dell’organo giudicante, previo l’accertamento del diritto d’autore.

Tralasciando l’analisi dell’articolo 157 della legge sul diritto d’autore, destinato a tutelare il diritto di rappresentazione o di esecuzione di un’opera, andiamo ad esaminare le azioni di distruzione e di rimozione69.

Il legislatore ha previsto che «chi venga leso nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere che sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione o per ottenere il risarcimento del danno»70.

La legge permette, quindi, al titolare del diritto di decidere se preferisce distruggere i prodotti utilizzati in violazione del diritto ovvero rimuovere lo stato di fatto da cui risulta la violazione.

Le azioni di distruzione e di rimozione possono essere esercitate autonomamente l’una dall’altra, ma il legislatore non esclude che le stesse possano concorrere.

Fine ultimo della norma è la garanzia che, il titolare del diritto, possa pacificamente godere dello stesso, ripristinando lo status quo ante alla violazione.

Le azioni possono colpire anche i terzi, siano in buona fede o meno, che detengano i prodotti costituenti la violazione; unica eccezione: il prodotto è stato acquistato in buona fede per uso personale.

La ratio di questa eccezione è piuttosto evidente: il prodotto è ormai giunto all’ultimo ciclo di scambi commerciali, non si ha, quindi, alcuna ragione di temere un’ulteriore violazione71.

Si prendono poi in considerazione le modalità secondo cui verrà effettuata la distruzione o la rimozione limitandole «agli esemplari o copie illecitamente riprodotte o diffuse, nonché agli apparecchi impiegati per la riproduzione o diffusione, che, per loro natura, non possono essere adoperati per diversa riproduzione o diffusione»72.

Le azioni sono, quindi, strettamente limitate a quei beni che, per loro natura, sono destinati esclusivamente all’illecito, ben prevedendosi la possibilità di chiedere la separazione della parte dell’esemplare, della copia o dell’apparecchio che possa essere utilizzata per una diversa riproduzione o diffusione.

Il legislatore ha poi previsto la possibilità che l’esemplare, la copia o l’apparecchio abbiano particolare pregio artistico o scientifico; in tal caso il giudice può impedirne la distruzione ordinandone, anche d’ufficio, il deposito in un pubblico museo.

In alternativa alla distruzione, il danneggiato può sempre chiedere che il materiale destinato alla distruzione gli sia aggiudicato per un determinato prezzo, in conto del risarcimento dovutogli.

Un ulteriore limite alla rimozione ed alla distruzione è rappresentato dall’articolo 160 della legge sul diritto d’autore, in base al quale dette azioni non possono essere esercitate nel caso in cui l’opera si trovi nell’ultimo anno della durata del diritto.

In tal caso si deve procedere al sequestro del materiale sino alla naturale scadenza del diritto.

Oltre all’azione di rimozione o di distruzione è possibile agire in giudizio anche al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti a causa dell’illecito.

Tale azione deve essere ricompresa nella disciplina generale del risarcimento del danno da atto illecito73; sarà, quindi, onere dell’attore dimostrare che vi è stato un danno ingiusto, imputabile alla condotta, dolosa o colposa, del convenuto.

In merito alla quantificazione del danno, sembra quasi superfluo ricordare qui che questa dovrà essere comprensiva tanto del danno emergente quanto del lucro cessante74.

A tal proposito costante giurisprudenza ha stabilito, come criterio di quantificazione del danno, il cosiddetto «prezzo del consenso», che porta a quantificare il danno sulla base di un corrispettivo equivalente al compenso ricevuto dal medesimo soggetto per un analogo sfruttamento consentito a terzi nel medesimo periodo75.

Sta tuttavia diffondendosi un’ulteriore interpretazione giurisprudenziale che mira ad estendere la portata del danno risarcibile.

In alcuni Tribunali inizia, infatti, a prevalere un nuovo ordine di considerazioni, che di fronte al «danno diffuso», rappresentato dalla duplicazione abusiva del software, ritiene che ai danni puramente economici debbano essere affiancati quelli morali, facendo considerevolmente lievitare l’ammontare del risarcimento valutato anche in ragione dell’interesse sociale dell’azienda da tutelare76.

La legge sul diritto d’autore prevedo poi un’ulteriore misura riparatoria, ovviamente non sostitutiva del risarcimento del danno: su «istanza della parte interessata, o d’ufficio, il giudice può ordinare che la sentenza venga pubblicata per la sola parte dispositiva in uno o più giornali e anche ripetutamente a spese della parte soccombente»77.

Fine di tale «sanzione accessoria» è di rendere noto il fatto lesivo, l’accoglimento dell’azione diretta a reprimerlo ed a rimuovere la situazione che esso aveva determinato.

Un ulteriore, apprezzabile, effetto è quello di garantire la giusta pubblicità in merito alla titolarità del diritto contestato; non si esclude poi una funzione «intimidatrice» volta a dissuadere altri utilizzatori abusivi dal ledere il diritto dell’autore78.

  1. L’articolo 168 della legge sul diritto d’autore tutela, invece, i diritti morali disponendo che le azioni e le misure previste nel paragrafo 1 siano applicabili anche per questi, salvo quanto previsto dalle disposizioni degli articoli successivi.

I provvedimenti di rimozione e di distruzione possono, dunque, trovare applicazione anche in relazione al diritto morale, tuttavia, tali misure, possono essere adottate soltanto laddove sia impossibile riparare convenientemente le violazioni «mediante aggiunte o soppressioni sull’opera delle indicazioni che si riferiscono alla paternità della stessa»79, ovvero, per le violazioni riferite all’integrità dell’opera, ripristinare gli esemplari mutilati, deformati o  comunque modificati, «nella forma primitiva a spese della parte interessata a evitare la rimozione o distruzione»80.

L’autore può, quindi, esercitare l’azione di accertamento e quella di interdizione, e richiedere le corrispondenti misure cautelari81.

Problemi sorgono laddove la violazione del diritto morale sia stata posta in essere da un soggetto avente la titolarità o l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera.

In tal caso sarà, evidentemente, necessario che l’organo giudicante valuti gli opposti interessi, attribuendo la giusta tutela al diritto morale e riconoscendone la prevalenza.

 

  1. Il legislatore, per garantire un soddisfacente esercizio delle azioni a tutela del diritto di autore, ha poi previsto una serie di provvedimenti di natura cautelare.

L’autorità giudiziaria, per assicurare le prove dell’avvenuta violazione ed evitare ulteriori danni, può ordinare la descrizione, l’accertamento, la perizia e il sequestro di ciò che si ritenga costituire violazione del diritto di utilizzazione82.

La legge 248 del 18 agosto 2000 ha, tra le altre cose, profondamente modificato la disciplina della misure cautelari, in particolare all’articolo 162 stabilendo che «i procedimenti di cui all’articolo 161 sono disciplinati dalle norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari di sequestro e di istruzione preventiva per quanto riguarda la descrizione, l’accertamento e la perizia» mentre antecedentemente alla novella la competenza era riservata per materia al pretore del mandamento in cui i provvedimenti stessi dovevano eseguirsi.

Nei commi successivi viene descritta la procedura dei provvedimenti: «la descrizione ed il sequestro vengono eseguiti a mezzo di ufficiale giudiziario, con l’assistenza, ove occorra, di uno o più periti ed anche con l’impiego di mezzi tecnici di accertamento, fotografici o di altra natura.

Gli interessati possono essere autorizzati ad assistere alle operazioni anche a mezzo di propri rappresentanti e a essere assistiti da tecnici di loro fiducia»83.

Il legislatore procede poi oltre, specificando che alla descrizione non si applicano i commi secondo e terzo dell’articolo 693 del codice di procedura civile e che, ai fini dell’articolo 697 del codice di procedura civile84, «il carattere dell’eccezionale urgenza deve valutarsi anche alla stregua dell’esigenza di non pregiudicare l’attuazione del provvedimento»85.

Il suddetto comma si chiude con la previsione dell’obbligo per il giudice, ove la domanda sia stata proposta prima dell’inizio della causa di merito, di indicare nell’ordinanza di accoglimento un termine non superiore a trenta giorni per l’inizio del giudizio di merito86.

Il giudice ha poi la possibilità di imporre all’istante una cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni87.

Il provvedimento che autorizza la descrizione o il sequestro perde efficacia se non viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla pronuncia88, ma, decorso detto termine, possono comunque essere completate le operazioni di descrizione e sequestro già iniziate, ma non possono esserne iniziate altre fondate sullo stesso provvedimento89.

Viene in ogni caso fatta salva «la facoltà di chiedere al giudice di disporre ulteriori provvedimenti di descrizione o sequestro nel corso del procedimento di merito»90.

L’ultimo comma dell’articolo 162 prevede infine che descrizione e sequestro possano «concernere oggetti appartenenti a soggetti anche non identificati nel ricorso, purché si tratti di oggetti prodotti, offerti, importati o distribuiti dalla parte nei cui confronti siano stati emessi i suddetti provvedimenti e purché tali oggetti non siano adibiti ad uso personale, ovvero si tratti di opere diffuse con qualunque mezzo. Il verbale delle operazioni di sequestro e di descrizione, con il ricorso ed il provvedimento, deve essere notificato al terzo cui appartengono gli oggetti sui quali descrizione o sequestro sono stati eseguiti entro quindici giorni dalla conclusione delle operazioni stesse a pena di inefficacia»91.

La novella del 2000 ha duramente colpito l’articolo 163 della legge sul diritto d’autore.

Nella sua veste originaria, infatti, detto articolo prevedeva che, qualora non altrimenti disposto nel decreto di sequestro, i provvedimenti, senza bisogno di pronuncia dell’autorità giudiziaria, avrebbero perduto ogni efficacia ai fini dell’esercizio della giustizia penale qualora, entro otto giorni dalla loro esecuzione, non fosse stato promosso, innanzi al giudice competente, giudizio di convalida contro colui ai danni del quale si era proceduto92.

Il «nuovo» articolo 163 riguarda, invece, la possibilità di chiedere l’inibitoria di qualsiasi attività che costituisca violazione del diritto d’autore, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari.

Nel pronunciare l’inibitoria, il giudice può fissare la somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento93.

L’articolo 161 legge sul diritto d’autore estende poi l’applicabilità dei procedimenti cautelari di cui sopra anche al soggetto che metta in circolazione in qualsiasi modo o detenga per scopi commerciali copie non autorizzate di programmi e qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale dei dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratore.

 

  1. Nelle azioni in precedenza esaminate, la legittimazione attiva spetta a colui che abbia la titolarità del diritto che si pretende violato: l’autore o i suoi aventi causa.

Nell’ipotesi in cui l’opera sia stata creata col contributo indistinguibile e inscindibile di più persone, il diritto d’autore appartiene in comune a tutti i coautori94.

Nel caso in cui l’autore abbia ceduto il diritto di utilizzazione oggetto della violazione ad altro soggetto, può sempre intervenire a tutela dei suoi interessi nei giudizi promossi dal cessionario95.

L’intervento può essere ammesso anche laddove l’autore non abbia la titolarità del diritto per ragioni diverse da quella di una vera e propria cessione, come nel caso di opera realizzata su commissione, in base a un rapporto di lavoro subordinato o simile.

Legittimati ad agire sono inoltre il possessore del diritto di utilizzazione96 e gli enti di diritto pubblico indicati negli articoli 180 e 184 della legge sul diritto d’autore97.

In quest’ultima fattispecie la legge stabilisce che «i funzionari appartenenti agli enti sopramenzionati possono esercitare le azioni di cui sopra nell’interesse degli aventi diritto senza bisogno di mandato, bastando che consti della loro qualità»98.

L’ente di diritto pubblico è, inoltre, «dispensato dall’obbligo di prestare cauzione per la esecuzione degli atti per i quali questa cautela è prescritta o autorizzata»99 e «designa i funzionari autorizzati a compiere attestazioni di credito per diritto d’autore nonché ai fini della legge 5 febbraio 1992, n. 93; dette attestazioni sono atti aventi efficacia di titolo esecutivo a norma dell’articolo 474 del codice di procedura civile»100.

In merito alla tutela del diritto morale, per sua stessa natura inalienabile, legittimato attivo è indubbiamente soltanto l’autore, mentre, in caso di opera creata in collaborazione con contributi distinti, ciascun autore può agire a difesa del proprio contributo, mentre se i contributi sono inscindibili e indistinguibili, la difesa può essere esercitata individualmente da ciascun coautore101.

 

  1. In conclusione di questo breve scritto è possibile osservare che il nostro ordinamento garantisce ampissime forme di tutela in sede civile e penale102 al software commerciale, ma che, tuttavia, sembra ignorare l’esistenza di altre tipologie di programmi, in particolare i cosiddetti programmi shareware e freeware103.

È stato, infatti, osservato104 che molto spesso le raccolte di programmi shareware e freeware distribuite con riviste o kit di accesso ad internet ledono i diritti dei tanti piccoli programmatori che affidano i loro lavori a questi canali di distribuzione105.

Ci si pone, quindi, il quesito della legalità della distribuzione di raccolte di programmi shareware o freeware.

Il casus belli è rappresentato da una vicenda di oltreoceano: la sonora condanna, pronunciata da una corte distrettuale dell’Illinois, nei confronti di una ditta che distribuiva programmi shareware106.

La questione è scaturita dalla seguente circostanza: una software house, la Storm Impact Inc., distribuiva abitualmente le versioni shareware di due giochi secondo il noto meccanismo della limitazione funzionale dei programmi, eliminabile previo acquisto presso il produttore di una chiave di registrazione.

I programmi erano pubblicati presso il sito web della Storm Impact e messi a disposizione degli utenti senza alcun costo aggiuntivo; la software house ne aveva, tuttavia, vietato la distribuzione ovvero l’uso a scopo commerciale.

In particolare veniva espressamente vietato di effettuare copie dei programmi su CD.

Tuttavia, nonostante tale divieto, una produttrice di raccolte di programmi shareware, la Software Of the Month Club, includeva ugualmente i giochi in questione in un CD, poi messo in vendita.

Conosciuto il fatto, la Storm Impact si rivolgeva alla corte distrettuale del distretto settentrionale dell’Illinois sostenendo di avere subito una violazione dei propri diritti d’autore e di avere, quindi, diritto al risarcimento del danno.

Parte attrice sosteneva, a vantaggio del proprio diritto, la seguente tesi: includere un programma shareware in una raccolta su CD distribuita attraverso i canali commerciali crea un disagio agli utenti.

Questi, infatti, prima pagano il prezzo della raccolta, poi scoprono che, per poter utilizzare pienamente i programmi contenuti nella stessa, devono pagare nuovamente.

L’attrice aveva poi esplicitamente vietato la redistribuzione dei propri prodotti attraverso canali commerciali107.

La convenuta (perfettamente consapevole dei limiti alla distribuzione) compariva in giudizio eccependo, che essendo il software liberamente disponibile sulla rete, doveva necessariamente essere possibile utilizzarlo liberamente e che, quindi, il divieto posto dalla Storm Impact non poteva essere operativo108.

La Corte, tuttavia, non accoglieva la difesa della convenuta riconoscendo la validità delle limitazione poste dall’attrice alla  distribuzione e, di conseguenza, condannando la convenuta al risarcimento di un danno pari a 20.000 dollari americani109.

L’analisi di questo caso ci offre numerosi spunti di riflessione in relazione alla discipline della tutela del diritto di autore.

In primis, il giudice adito ha ritenuto pienamente applicabile la legge «ordinaria» anche al caso in questione contribuendo a ribadire ancora una volta come la rete «tutto sia, fuorché una dimensione parallela e chiarendo un principio tanto ovvio quanto (casualmente?) trascurato: il diritto d’autore si applica a tutti gli effetti anche alla Rete, e l’ampia diffusione di una prassi non la rende automaticamente legale»110.

In secondo luogo ci permette di dirimere alcune delle numerose questioni che ci si pone allorquando si parla delle modalità alternative di utilizzo dei diritti d’autore.

È noto, infatti, che  molto spesso il software shareware111 può essere liberamente distribuito al solo prezzo del costo dei supporti o addirittura gratuitamente, ma troppo spesso questa disposizione viene travisata fino a farvi rientrare automaticamente anche la distribuzione su periodici o la commercializzazione tramite raccolte non sono necessariamente gratuite e certamente a scopo commerciale.

Anche dall’analisi delle licenze di noti programmi shareware è possibile evincere come tali restrizioni alla distribuzione del programma non rappresentino un’eccezione, quanto la prassi a cui sviluppatori indipendenti ricorrono per impedire che terzi possano sfruttare impunemente il proprio lavoro a scopo commerciale.

Appare evidente che, all’atto pratico, la volontà dei programmatori non viene affatto rispettata da editori e provider che (in assenza dei necessari permessi preventivi) sono soliti inserire tali programmi in raccolte poi distribuite attraverso i canali commerciali ovvero, fatto ancor più grave, allegate a riviste112.

È doveroso osservare che vi sono stati casi in cui ci si è preoccupati di leggere preventivamente le licenze d’uso dei programmi distribuiti per verificare se l’inclusione in una raccolta potesse creare problemi oppure no, o addirittura in cui ci si è preoccupati di stipulare appositi accordi di licenza, ma si tratta comunque di eccezioni alla regola che vede la distribuzione «selvaggia» dei programmi shareware113.

 

 

 

 

1 In tal senso cfr. E.Cammarata, Introduzione al diritto d’autore, in windcloak.it.

2 In tal senso cfr. E.DeGiusti, Il diritto d’autore, in musicologi.com.

3 «An act for the encouragement of learning, by vesting the copies of printed books in the authors or purchasers of such copies, during the times therein mentioned.

Whereas printers, booksellers, and other persons have of late frequently taken the liberty of printing, reprinting, and publishing, or causing to be printed, reprinted, and published, books and other writings, without the consent of the authors or proprietors of such books and writings, to their very great detriment, and too often to the ruin of them and their families: for preventing therefore such practices for the future, and for the encouragement of learned men to compose and write useful books; may it please your Majesty, that it may be enacted, and be it enacted by the Queen’s most excellent majesty, by and with the advice and consent of the lords spiritual and temporal, and commons, in this present parliament assembled, and by the authority of the same; That from and after the tenth day of April, one thousand seven hundred and ten, the author of any book or books already printed, who hath not transferred to any other the copy or copies of such book or books, share or shares thereof, or the bookseller or booksellers, printer or printers, or other person or persons, who hath or have purchased or acquired the copy or copies of any book or books, in order to print or reprint the same, shall have the sole right and liberty of printing such book and books for the term of one and twenty years, to commence from the said tenth day of April, and no longer; and that the author of any book or books already composed, and not printed and published, or that shall hereafter be composed, and his assignee or assigns, shall have the sole liberty of printing and reprinting such book and books for the term of fourteen years, to commence from the day of the first publishing the same, and no longer; and that if any other bookseller, printer or other person whatsoever, from and after the tenth day of April, one thousand seven hundred and ten, within the times granted and limited by this act, as aforesaid, shall print, reprint, or import, or cause to be printed, reprinted, or imported, any such book or books, without the consent of the proprietor or proprietors thereof first had and obtained in writing, signed in the presence of two or more credible witnesses; or knowing the same to be so printed or reprinted, without the consent of the proprietors, shall sell, publish, or expose to sale, or cause to be sold, published, or exposed to sale, any such book or books, without such consent first had and obtained, as aforesaid: then such offender or offenders shall forfeit such book or books, and all and every sheet or sheets, being part of such book or books, to the proprietor or proprietors of the copy thereof, who shall forthwith damask, and make waste paper of them; and further, That every such offender or offenders shall forfeit one penny for every sheet which shall be found in his, her, or their custody, either printed or printing, published, or exposed to sale, contrary to the true intent and meaning of this act; the one moiety thereof to the Queen’s most excellent majesty, her heirs and successors, and the other moiety thereof to any person or persons that shall sue for the same, to be recovered in any of her Majesty’s courts of record at Westminister, by action of debt, bill, plaint, or information, in which no wager of law, essoin, privilege, or protection, or more than one imparlance shall be allowed…». Statute of Anne, 1710, in http://www.wikipedia.com/wiki/Statute_of_Anne.

4 In tal senso cfr. G.Jarach, Manuale del diritto d’autore, Milano, Mursia, 1983.

5 Si pensi alle Regie patenti del 28 febbraio 1826, con le quali il Re Carlo Felice ordinava alcuni provvedimenti in materia di privilegi esclusivi.

6 In tal senso cfr. G.Jarach, Manuale …, op.cit.

7 Si veda «Manifesto Senatorio 26 giugno 1840, n°301, notificante la convenzione seguita tra S.M. il Re di Sardegna e l’Imperatore d’Austria a favore della proprietà e contro la contraffazione delle opere scientifiche, letterarie ed artistiche», «Manifesto Senatorio 13 luglio 1840, n°306, con cui si notifica la dichiarazione passata tra S.M. il Re di Sardegna e S.M. l’Imperatore d’Austria rispetto all’esecuzione dell’articolo 14 della Convenzione seguita ultimamente tra le LL.MM. a favore della proprietà delle opere scientifiche, letterarie ed artistiche stata pubblicata con precedente manifesto del 26 giugno scorso», «Manifesto Senatorio 27 febbraio 1841, n°320,con cui si fa nota l’adesione prestata dai Governi di Lucca, Modena, Parma e Roma alla Convenzione conchiusa il 22 maggio 1840 tra S.M. il Re di Sardegna e S.M. per assicurare ai rispettivi sudditi la proprietà delle loro opere letterarie ed artistiche: e si notifica parimenti la convenzione speciale stata allo stesso oggetto conchiusa tra S.M. e S.A.I. e S.R. il Gran Duca di Toscana» tutte liberamente reperibili in http://www.ubertazzi.it/it/doc34.pdf.

Proprio alle norme di queste convenzioni fece appello Alessandro Manzoni per promuovere una celebre causa contro l’editore Le Monnier, reo di aver riprodotto senza l’autorizzazione dell’autore e, naturalmente, senza corrispondere allo stesso alcun compenso a titolo di diritto d’autore, il romanzo «I promessi sposi» nella prima stesura del 1827.

8 Regolamento del 15 luglio 1926 n. 1369.

9 Regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369.

10 Nella legge del 1881 venivano presi in considerazione i reati di plagio e contraffazione mentre la tutela civile si esauriva nella possibilità di poter ottenere un risarcimento del danno. Questo indirizzo legislativo costituì oggetto di aspre critiche da parte degli studiosi, proprio in quanto veniva trascurato l’aspetto privatistico della questione.

11 La storia si ripete! Anche la recente legge 248\2000 che ha introdotto numerose modifiche alla legge 633\1941 ha ricevuto numerose critiche da parte della dottrina prevalente proprio in virtù dell’eccessiva espansione dello strumento penalistico a cui il legislatore ha fatto ricorso anche per punire comportamenti che, di fatto, rientrerebbero nel mero illecito contrattuale e che, quindi, dovrebbero essere affrontati e puniti esclusivamente in sede civile. In tal senso si è espresso M.Cammarata, Il diritto d’autore geneticamente modificato, in interlex.it: «È la norma (si tratta dell’articolo 171-bis LdA nda) -già presente nel d.lgs. 518/92-  che muta un tipico illecito civile, come la singola copia non autorizzata di un software, in illecito penale, con sanzioni pesantissime là dove sarebbe sufficiente il risarcimento del danno. Non vi è, infatti, un danno o un allarme sociale nella violazione, da parte di un singolo individuo e per il proprio tornaconto personale, di un modesto diritto economico». Di parere conforme è anche A.Monti, Il disegno di legge sul diritto d’autore S1496: una vergogna istituzionale, in interlex.it; A.Monti, Come cambia il diritto d’autore in Italia e in Europa, in PC Professionale n.98, maggio 1999; A.Monti, La riforma del diritto d’autore cambia nuovamente faccia. Ed è sempre più brutta, in PC Professionale n.114, settembre 2000. In tal senso si veda anche Coliva D., Tutela del software e liceità della copia interna, in interlex.it, 1997.

12 Secondo il Global Software Piracy Study, ricerca a livello mondiale realizzata annualmente dall’International Planning and Research Corporation per conto di BSA, nel 2000 la pirateria informatica ha arrecato alle aziende europee danni per 3,4 miliardi di dollari, mentre a livello italiano i danni ammontano a circa 500 milioni di euro, che si traducono nella mancata creazione di 37.000 posti di lavoro l’anno; sempre nel nostro Paese, il tasso globale di pirateria del 2000 è cresciuto rispetto al 1999 del 2%, collocando l’Italia al terzo posto in Europa nella graduatoria dei paesi maggiormente responsabili di pirateria.c

13 Cfr. Capo III, Sezione II, legge 22 aprile 1941, n°633, di seguito più semplicemente legge sul diritto d’autore.

14 Articolo 20, legge sul diritto d’autore.

15 Articolo 21, legge sul diritto d’autore.

16 Articolo 24, legge sul diritto d’autore.

17 Articoli 142 e 143, legge sul diritto d’autore.

18Cfr. Capo III, Sezione III, legge sul diritto d’autore.

19 Articolo 108, legge sul diritto d’autore.

20 Articolo 25, legge sul diritto d’autore. Il limite di 50 anni è stato successivamente elevato a 70 anni dall’articolo 17, legge 6 febbraio 1996, n°52, come  modificato dall’articolo 1 D.L. 545\96 convertito in legge 23 dicembre 1996, n°650.

21 Articolo 12, legge sul diritto d’autore.

22 Articolo 13, legge sul diritto d’autore.

23 Articolo 14, legge sul diritto d’autore.

24 Articolo 15, legge sul diritto d’autore.

25 Articolo 16, legge sul diritto d’autore.

26 Articolo 17, legge sul diritto d’autore.

27 Articolo 18, legge sul diritto d’autore.

28 Si ricorda qui che una delle principali critiche rivolte alla novella dell’agosto 2000 alla legge sul diritto di autore è stata di aver stravolto un principio cardine della disciplina del diritto di autore prevedendo all’articolo 181-bis l’apposizione di un bollino S.I.A.E. e prevedendo, sia pure ai soli fini della legge penale, che detta apposizione è «considerato segno distintivo di opera dell’ingegno». In tal senso si veda A.Monti, La riforma del diritto d’autore cambia nuovamente faccia. Ed è sempre più brutta, in PC Professionale n°114, settembre 2000. In particolare l’autore osserva: «Viene poi stravolto un principio cardine del diritto d’autore (la paternità dell’opera si acquista per il semplice fatto della creazione) stabilendo al comma 8 dell’art.181 bis che l’apposizione del «bollino SIAE» (obbligatorio anche per il software) è considerato segno distintivo di opera dell’ingegno. Pregiudicando in questo modo i diritti di chi non può o non ha interesse ad iscriversi alla SIAE. E infatti un’altra caratteristica di questa legge è l’estensione indiscriminata dei poteri della Società degli Autori e degli Editori anche nei confronti di chi (sviluppatori e autori indipendenti) non vuole farne parte».

29 In un primo tempo si è a lungo discusso se al software fosse applicabile la tutela prevista dalla legge sul diritto d’autore ovvero le tutela prevista per i brevetti industriali. Tra i sostenitori della teoria secondo cui il software dovesse essere considerato un’opera dell’ingeno si veda G.Santini, La tutela giuridica della programmazione elettronica, in Giur. it. 1968, IV, pag.225; G.Sena, Software: problemi di definizione e di protezione giuridica, in Riv. dir. ind., 1983, II, pag.479; C.Rossello, La tutela giuridica del software nei primi orientamenti giurisprudenziali italiani, in Dir. inf., 1985, pag.103; C.Ciampi, La proteggibilità dei programmi elettronici e dei relativi manuali applicativi quali opere dell’ingegno di carattere creativo, in Dir. inf., 1985, II, pag.258; G. Galtieri, Note sulla proteggibilità dei programmi, Diritto di autore, 1971, pag. 425.

Contra coloro i quali, riferendosi alla natura tecnica dei programmi e al loro scopo (non quello di comunicare ad altri idee e sentimenti, ma far funzionare una macchina), ritenevano l’impossibilità di ricomprenderli nell’elencazione delle opere dell’ingegno di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 633/1941. In tal senso E.Luzzato, Una norma di legge francese da non imitare (a proposito della brevettabilità o meno dei programmi o serie di istruzioni per lo svolgimento delle operazioni dei calcolatori elettronici), in Riv. dir. ind., 1968, I, pag.297; G.Ghidini, I programmi per computers fra brevetto e diritto d’autore, in Giur. comm., 1984, I, pag. 251; R.Borruso, L’Algoritmo per computer e la sua brevettabilità, in Dir. inf., 1987, pag. 75; G.Floridia, La protezione del software nel sistema delle esclusive sulle creazioni intellettuali, in Dir. inf., 1989, pag. 71; E.Luzzato, La crisi del software, in Problemi attuali del diritto industriale, Milano, 1977, pag. 719.

L’impraticabilità della tutela brevettuale è rafforzata dal divieto espresso contenuto nell’art. 12 della legge del 1939 come modificato dal D.P.R. del 1979. Attualmente la dottrina, concorde nel ritenere il software un bene appartenente alla categoria dei beni immateriali, ha spostato la sua analisi al campo del diritto d’autore. A tale proposito si veda S.Pastore, Il cammino della tutela giuridica del software, opera dell’ingegno di carattere creativo, Dir. d’Autore, 1987, pag. 177 secondo cui «la disciplina del diritto d’autore non subordina la protezione all’adempimento di alcuna formalità di deposito o di registrazione; con la tutela del diritto d’autore il software consegue una protezione erga omnes; la proteggibilità del software attraverso il diritto d’autore è più ampia di quella brevettuale, anche dal punto di vista quantitativo, oltre che qualitativo, in quanto può riguardare qualsiasi tipo di programma e concernere sia il programma che le istruzioni; la tutela del diritto d’autore è meno rigorosa di quella brevettuale, richiedendo, anche sul piano tecnico, un accenno modesto di originalità personale; la tutela attraverso il diritto d’autore, infine, comporta il riconoscimento dei vari diritti esclusivi previsti dal legislatore in capo al titolare dell’opera dell’ingegno».

Per un commento alle modifiche introdotte alla legge sul diritto d’autore per estendere la tutela al software si veda V.Francescelli, Tutela giuridica dei programmi per elaboratore, in Le nuove leggi civili commentate, 1995, n.2, pag.261.

30 Il primo concreto passo in questa direzione è stato compiuto dal Tribunale di Torino che, con sentenza 15 luglio 1983, ha paragonato il videogioco ad un’opera cinematografica riconoscendone pertanto la tutela in base alla legge sul diritto d’autore. Tra l’altro il Tribunale afferma: «I videogiochi costituiscono un tipo particolare di opera cinematografica, possibile oggetto della tutela prevista per tali opere dalle norme sul diritto d’autore.

L’opera cinematografica, disciplinata da queste ultime, è un genus al quale appartengono non solo i films ma anche altre forme di rappresentazione qualunque ne sia la tecnica di realizzazione e la forma di espressione.

Oggetto della tutela prevista dalle norme sul diritto d’autore non è solo l’opera d’arte, bensì l’opera dell’intelletto o della mente (opera dell’ingegno) che abbia il requisito oggettivo della novità, originalità e non banalità (carattere creativo).

Il livello di creatività di un’opera dell’ingegno non deve essere necessariamente elevato e, nel caso dei videogiochi, è sufficiente ai fini della tutela ex l. 633/1941 che l’autore si sia prodigato in uno sforzo di capacità professionale e di elaborazione intellettiva nel disegnare i personaggi, nel trovare una trama, nell’inventare le regole, nel trasferire il racconto in linguaggio elettronico e nel memorizzarlo nei circuiti, nel trovare una sintesi tra racconto e descrizione visiva. Il risultato dello sforzo intellettivo è stato triplice ed unitario: è nato un programma di gioco; è nata una rappresentazione per immagini della trama; sono nati dei personaggi animati; in definitiva è stato creato, con l’aiuto della tecnica, un videogioco commercialmente sfruttabile per le sue apprezzabili qualità.

Costituisce copia pedissequa del videogioco originale quel videogioco che, pur differendo nelle istruzioni della componente causalità e nella visualizzazione dei medesimi personaggi sia in tutto il resto assolutamente identico al primo».

Indubbiamente l’estensore ha peccato di ingenuità, soprattutto da un punto di vista tecnico, laddove ha affermato che oggetto della tutela non è tanto il programma in quanto tale, ma la rappresentazione grafica e cromatica delle immagini stesse visualizzate sullo schermo, cioè soltanto la sua esteriorizzazione. Alcuni commentatori sono giunti ad affermare che, se pure detta sentenza accorda una tutela sufficiente per i programmi elettronici, «essa sarebbe in ogni caso destinata a rimanere confinata nell’universo fantastico delle battaglie galattiche o dei millepiedi magici, risultando inapplicabile a tutte le ipotesi (e sono la maggioranza) in cui il programma non produca effetti visivi o sonori di alcuna specie». In tal senso Rossello, La tutela giuridica del software nei primi orientamenti giurisprudenziali, in Dir. Inf., 1985, pag. 115; Ciampi, La proteggibilità dei programmi elettronici e dei relativi manuali applicativi, quali “opere dell’ingegno di carattere creativo”, in Dir. Inf., 1985, pag. 259.

La sentenza è stata commentata anche da numerosi altri autori: Sena, Software: problemi di definizione e di protezione giuridica, in Riv. Dir. Ind., 1983, II, pag. 479; Frignani, Il Tribunale di Torino protegge i videogiochi come opera dell’ingegno appartenenti alla cinematografia, in Dir. d’Autore, 1984, pag. 57; De Sanctis, Brevi note in materia di tutela dei videogiochi, in Dir. d’Autore, 1984, pag. 436; Carosone, In tema di tutela giuridica del software, Riv. Dir. Comm., 1984, 2, pag. 365.

Un’altra importante sentenza è rappresentata da Pretura di Pisa, 11 aprile 1984, ampiamente commentata in dottrina. Cfr. in Riv. Dir. Ind., 1985, II, pag. 73 con nota di Franceschelli; in Foro pad., 1984, I, pag.145 con nota di Bruni; in Dir. Inf., 1985, pag.252 con nota di Ciampi; in Giur. it., 1986, I, 2, pag.214, con nota di Mangini; in Giur. merito, 1985, pag. 21, con nota di Capograssi; in Riv. Dir. Comm., 1984, II, pag. 365, con nota di Carosone.

Si veda poi Cassazione penale, 6 febbraio 1987 n. 1956 commentata in Foro it., 1987, II, pag. 289 con nota di Pardolesi, “Software”, “property rights” e diritto d’autore: il ritorno dal paese delle meraviglie; in Dir. Inf., 1987, pag. 693 con nota di Minerva, La illiceità penale della riproduzione di programmi altrui: l’orientamento della Cassazione e le prospettive sanzionatorie; in Dir. d’Autore, 1987, pag. 162 con nota di Pastore, Il cammino della tutela giuridica del software, opera dell’ingegno di carattere scientifico. Secondo la Corte «il software è un’opera dell’ingegno proteggibile sia civilmente che penalmente sotto il profilo del diritto d’autore, poiché inquadrabile nella categoria delle opere che appartengono alle scienze».

31 Art.1, 2°comma, legge sul diritto d’autore, aggiunto dall’art.1 del Dlgs 518\92 e successivamente modificato ex art.1 Dlgs 169\99: «sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna <…Omissis…>, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore».

32 Testo novellato dall’articolo 1 del Dlgs 6 maggio 1999, n.169.

33 In tal senso A.Monti, Copyright per le banche dati: in dirittura di arrivo la nuova legge, in PC Professionale n.100/101, luglio/agosto 1999. «Per una di quelle cavillosità tanto care alla legge, l’estensione al software della tutela prevista per le opere dell’ingegno, effettuata con il famigerato d. lgs. 518/92 non si estendeva automaticamente e necessariamente alle banche dati che – a stretto rigore – di certo programmi non sono.

La conseguenza, per certi versi paradossale, di questa lacuna legislativa è che un’azienda che realizza un prodotto in cui la base-dati è la parte preponderante, (il software per la consultazione spesso è di scarsissima importanza), in caso di duplicazione o riproduzione abusiva poteva essere sanzionata soltanto per l’attività commessa a danno del software e non dei dati. Il problema era già stato affrontato dall’Unione Europea che nel marzo del 1996 aveva emanato una direttiva che colmava questo vuoto e ora, dopo tre anni, questa normativa sta per essere emanata anche in Italia, con un decreto legislativo che dovrebbe essere già stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale».

34 Legge sul diritto d’autore capo IV, sezione VI e sezione VII.

35 Secondo l’articolo 2, n.9 le banche dati vanno intese come «raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodologicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo».

36 Direttiva sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore, recepita in Italia con D.Lgs 29 dicembre 1992, n.518.

37 Articolo 64-ter, c.2°, legge sul diritto d’autore. A tale proposito si veda anche L. Chimienti, La tutela giuridica dei programmi per elaboratore nella legge sul diritto d’autore, Giuffrè Editore, Milano, 1994.

38 Detti supporti possono essere magnetici, i.e.  floppy disk, ovvero ottici, i.e. CD-ROM o DVD.

39 Si tratta delle c.d. copie di back up che ampissima diffusione avevano prima dell’avvento dei supporti ottici.

40 Una prima analisi sui sistemi di protezione del software è stata effettuata da M.G.Losano, La tutela giuridica del software, in Il diritto privato dell’informatica, Einaudi, Torino, 1986. La questione è stata inoltre di recente oggetto di un intervento da parte di un deputato statunitense secondo cui tali dispositivi sono in contrasto con l’Audio Home Recording Act, una legge americana del 1992 che sancisce il diritto per il consumatore di effettuare una copia di sicurezza di musica e software.

41 Si pensi, a titolo di esempio, al programma Windows™ di Microsoft™. L’utente utilizza il supporto che lo contiene soltanto al momento dell’installazione e, sporadicamente, in caso di successive modifiche al sistema. Dunque la copia di sicurezza del programma non è, di fatto, necessaria al suo utilizzo.

Il supporto del programma si rende, tuttavia, necessario ogni qualvolta si debba installare una nuova periferica, reistallare il sistema operativo, ripristinare file danneggiati o cancellati per errore.

Si tratta di operazioni spesso effettuate di fretta ed urgenti e, il supporto originale del programma, rischia di danneggiarsi proprio in questi momenti in si avverte maggiormente l’esigenza di utilizzarlo.

È innegabile che, sempre più spesso, le software house si offrono di sostituire il supporto danneggiato con un altro funzionante in tempi piuttosto rapidi, ma un’attesa è pur sempre necessaria, e, spesso, l’utente, soprattutto quello professionale, non può permettersi di affrontare simili tempi morti.

Ci troviamo pertanto di fronte a due opposte esigenze, entrambe meritevoli di tutela, che possono essere contemperate soltanto con il ricorso al buon senso.

42 Si tratta dei c.d. crack, e cioè programmi in grado di intervenire direttamente sul software originale, in fase di duplicazione, installazione o utilizzo, rimuovendo o eludendo le protezioni predisposte dagli autori. L’art.171-bis della legge sul diritto d’autore, come novellato dall’articolo 13 lex 18 agosto 2000, n.248, prevede espressamente «…omissis… La stessa pena (reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da cinque a trenta milioni di lire ndA) si applica se il fatto concerne un qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratore…».

43 Art.51, codice penale: «l’esercizio di un diritto … omissis… esclude la punibilità».

44 Art.615-quinquies codice penale.

45 Art.64-ter, legge sul diritto d’autore.

46 Per un’analisi della questione si veda G.Guglielmetti, Analisi e decompliazione dei programmi, in La legge sul software, a cura di Carlo Ubertazzi, Giuffrè Editore, 1994.

47 In generale il software, può essere distinto in varie tipologie a seconda delle modalità con cui viene  distribuito:

– Commerciale: si tratta dei programmi generalmente posti in commercio. Utilizzabili solo previo acquisto della licenza;

Freeware: si tratta di programma utilizzabili liberamente e gratuitamente da chiunque. Per potere accedere al codice sorgente è, invece, necessario il consenso dell’autore;

Shareware: si tratta di programmi liberamente utilizzabili, ma, in genere, limitati in alcuni parametri quali la durata nel tempo o l’utilizzo limitato soltanto ad alcune funzioni di base. Per ottenere la versione completa bisogna acquistare i diritti la relativa licenza;

Open source: denominati anche «sistemi aperti» si caratterizzano per il continuo sviluppo apportato dagli operatori che ne fruiscono. Data la continua evoluzione di questo tipo di programmi ad opera di numerosi soggetti, spesso non identificabili, l’orientamento costante della giurisprudenza ritiene di poter includerli tra le opere collettive, tutelabili ex art. 10 legge sul diritto di autore. Da ultimo si sta assistendo alla nascita di una nuova tipologia di distribuzione, il c.d. «Software libero». Questa tipologia di software ha suscitato varie perplessità in dottrina anche se, attualmente, non sembrano sussistere dubbi in merito alla possibilità di tutelarlo ai sensi dell’articolo 10 della legge sul diritto d’autore che tutela le opere collettive;

Abandonedware: si tratta di software piuttosto vecchi ed ormai privi di qualsiasi valore commerciale. In genere sono stati già da tempo ritirati dalla vendita ed è possibile reperirli soltanto in Internet ovvero tramite scambi con altri collezionisti. Tuttavia, stante le disposizioni in materia di durata del diritto di autore, è lecito supporre che la tutela della legge si estenda anche a tale tipologia di software, che pure è privo di qualsivoglia valore commerciale.

48 In effetti alcuni grandi distributori di software hanno iniziato a distribuire gratuitamente anche i codici sorgenti dei propri programmi, ma, al momento, si tratta soltanto di lodevoli eccezioni, come, per esempio, NetscapeTM che ha diffuso i sorgenti della suite di navigazione nota con il nome di NavigatorTM.

49 In tal senso si veda A.Monti, Copyright per le banche dati: in dirittura d’arrivo la nuova legge, in PC Professionale, n.100/101 luglio/agosto 1999. A.Monti, Le banche dati hanno un valore estetico? Il parere dell’Unione Europea, in Computer Programming, n.52, 1996.

50 D.lgs 6 maggio 1999, n.169.

51 Legge sul diritto d’autore, articolo 2, n° 9.

52 Art.64-quinquies, legge sul diritto d’autore.

53 Art.64-sexies, lett.a, legge sul diritto d’autore.

54 A.Monti, Copyright per le banche dati …, op.cit.

55 Si pensi alla problematica introdotta dal cd deep link, che potremmo tradurre in «collegamento profondo», e cioè di quella prassi, adottata da alcuni webmaster di collegare al proprio sito contenuti interni di altri siti, a volte senza darne comunicazione ai propri utenti, indotti così a ritenere la pagina visitata parte integrante del sito autore del deep-link. Per un attento esame della problematica si veda in particolare L.M. DeGrazia, I link ai siti: non esageriamo … ma non tutto è vietato, in diritto.it; contra G.Faggioli e F.M.Landolfi, I link ai siti: non tutto è lecito, in mondatori.com; C.Monteleone, La pratica del linking e le sue implicazioni giuridiche, in netjus.org; Tosi, I problemi giuridici di internet, Milano, 1999; A.Sirotti Gaudenti, La proprietà intellettuale in rete: framing e deep link, in notiziariogiuridico.it.

56 Si tratta del Titolo II bis, Capo I e II, legge dul diritto d’autore, come novellata con D.lgs 6 maggio 1999, n° 169.

57 Art.102-bis, lett.a, legge sul diritto d’autore.

58 Si veda anche M. C. Cardarelli, Il diritto sui generis: la durata, AIDA 1997, p. 65.

59 AA.VV., Manuale di diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie, CLUEB, Bologna, 2000, pag. 71. In tal senso si veda anche G.A. Cavaliere, Diritto d’autore ed internet, in studiocelentano.it.

60 Si pensi alle enciclopedie multimediali ed ai prodotti similari che molto difficilmente possono essere ricondotti in una precisa classe di tutela.

61 In tal senso G.A. Cavaliere, Diritto d’autore …, op.cit.

62 Per un’attenta disamina della questione si veda G.Guglielmetti, Le opere multimediali, AIDA 1998,p. 115, secondo cui l’opera multimediale andrebbe assimilata a quella composta, in quanto costituita di contenuti ben distinti fra loro, che «ricevono una differente forza espressiva per effetto della strutturazione, della presentazione e del movimento all’interno del progetto multimediale». Altri, però, danno una diversa qualificazione. Cfr. L.Nivarra, Le opere multimediali su Internet, AIDA, 1996, p. 141. In particolare l’autore ritiene che l’opera multimediale non possa essere considerata opera composta, ma qualcosa di diverso. Avvicina l’opera multimediale alle opere derivate di cui presenta le caratteristiche tipiche della dipendenza da altre opere preesistenti e della creatività della rielaborazione.

L’Autore precisa, però, che se l’opera multimediale si presenta come «mera riproduzione in linguaggio digitale di preesistenti opere (o parti di opere) analogiche […] il richiamo alle opere composte tornerà ad essere del tutto pertinente».

Si veda poi G.M. Rinaldi, Diritto d’autore in Internet, in interlex.it secondo cui la soluzione migliore consiste nel far rientrare l’opera multimediale nella nozione di opera collettiva.

Da ultimo si vedano le riflessioni di A.Sirotti Gaudenti, La proprietà intellettuale, in G.Cassano, Internet nuovi problemi e questioni controverse, Giuffrè, 2001, pag.56.

63 O.Torrani e S.Parisi, Internet e diritto, il Sole 24 Ore, Milano, 1997, pag.58.

64 Articoli da 156 a 174-ter, legge sul diritto d’autore.

65Articoli da 156 a 167, legge sul diritto d’autore.

66 Articoli da 168 a 170, legge sul diritto d’autore.

67 Art. 168, legge sul diritto di autore.

68 Art. 156, legge sul diritto di autore.

69 Articoli da 158 a 160, legge sul diritto d’autore.

70Art.158, legge sul diritto d’autore.

71 Art.159, ultimo comma, legge sul diritto d’autore.

72 Art.159, c.1°, legge sul diritto d’autore.

73 Art. 2043 e seguenti del codice civile.

74 Art.2056 c.c.

75 Cfr. AA.VV., Le difese e le sanzioni, in dirittodautore.it; S.Cardini, Se anche gli ospedali piratano, meglio open source che abusivo, in mytech.mondadori.com. In tal senso si veda anche Tribunale di Roma, 20 luglio 1991, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1992, pag.88. Trattando di danno all’immagine, il Tribunale ha stabilito che il danno deve essere stimato con riferimento all’utile economico, che il soggetto avrebbe potuto ricavare se avesse prestato il proprio consenso alla pubblicazione. Secondo la Corte romana tale principio si applica anche se nella specie non vi sia un lucro cessante consistente nella riduzione della possibilità di sfruttamento economico (nella specie si trattava di un uomo politico che non aveva alcuna intenzione di sfruttare economicamente la propria immagine), ed anche se nella specie non vi sia un concreto arricchimento. Insomma, secondo detta interpretazione, l’attore non deve provare né la propria diminuita capacità a vendere la propria immagine, né il concreto arricchimento della controparte. Conforme Tribunale di Milano, 22 marzo 1999.

76 In particolare si ricorda qui la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere,  che ha condannato l’Ospedale di Caserta ad un risarcimento di circa 200 milioni di lire per aver detenuto ed utilizzato programmi privi della regolare licenza. Cfr. R.Staglianò, Software copiato, condanna record contro un ente pubblico, in LaRepubblica del 28 maggio, 2001; S.Cardini, Se anche gli ospedali…, op.cit.

77 Art.166, legge sul diritto d’autore.

78 Si pensi, a titolo di esempio, alle minacciose pubblicità pubblicate in molti quotidiani ed in riviste del settore, da importanti software house l’indomani di alcune operazioni contro la diffusione del software pirata.

79 Art.169, legge sul diritto d’autore.

80 Art.170, legge sul diritto d’autore.

81 Cfr. infra § 7.

82 Art.161, legge sul diritto d’autore.

83 Art.162, I e 2° capoverso, legge sul diritto d’autore.

84 Provvedimenti in caso di eccezionale urgenza.

85 Art.162, 4° c., legge sul diritto d’autore.

86 Art.669-octies, c.p.c.

87 Art.669-undecies, c.p.c.

88 Art.675, c.p.c.

89 Art.162, 5° c., legge sul diritto d’autore.

90 Art.162, 5° c., legge sul diritto d’autore.

91 Art.162, ultimo comma, legge sul diritto d’autore.

92 Art.163, legge sul diritto d’autore, nella versione anteriore alla novella del 2000.

93 Art.163, 2°comma, legge sul diritto d’autore.

94 Art.10, legge sul diritto d’autore.

95 Art.165, legge sul diritto d’autore.

96 Art.167, legge sul diritto d’autore.

97 Art.164, legge sul diritto d’autore.

98 Art.164, n°1, legge sul diritto d’autore.

99 Art.164, n°2, legge sul diritto d’autore.

100 Art.164, n°3, legge sul diritto d’autore.

101 Art.10, legge sul diritto d’autore. In tal senso si veda anche L.Daffarra e A. d’Addio, Opere multimediali e tutela del diritto d’autore, in La società dell’informazione: comportamenti e norme nella società vulnerabile, 1995. Gli autori sostengono, infatti, che «la tecnologia digitale porta ad una necessaria revisione del classico concetto di «autore».

Stiamo assistendo ad un processo per il quale chiunque potrà intervenire su un’opera preesistente, trasformandola, rielabolandola, manipolandola o presentandola in forme e modalità diverse.

La figura dell’autore in senso tradizionale si presenterà sempre più con tratti confusi o sfumati, e presto sarà forse il caso di parlare non più di «autore» di un’opera multimediale, ma di molti «contributori» alla stessa.

In ogni caso – e posto che un’opera multimediale non nasce certo dal «pathos» creativo di un autore romanticamente inteso, ma dallo sforzo congiunto e coordinato di un team di soggetti e da investimenti, anche economici, tutt’altro che irrilevanti – ciò di cui già al momento occorre prendere atto è che, da un lato, esiste la necessità di riconoscere e «premiare» chiunque offra un proprio contributo creativo fondamentale alla venuta in essere del lavoro multimediale, dall’altro la necessità di dare una giusta remunerazione e tutela patrimoniale a chi abbia operato gli investimenti ed il coordinamento necessari per la produzione dell’opera.

Non è da trascurare, inoltre, l’esigenza di salvaguardare anche il diritto degli autori di tutti i singoli contributi che vengono «incorporati» nell’opera ad essere riconosciuti e salvaguardati come tali.

Altro problema, poi – diverso, ma connesso al tema che stiamo discutendo – è quello della definizione di autore nel caso di lavori o «opere» che vengano generati per elaborazione autonoma dal computer.

Il punto, che per la sua complessità necessita di un separato approfondito esame, è attualmente oggetto di dibattito in più sedi internazionali».

102 Le difese e le sanzioni penali alle violazioni della legge sul diritto di autore sono riportate agli articoli 171 e seguenti della legge stessa.

103 Cfr infra nota n°44.

104 In tal senso A.Monti, Diritto d’autore… due pesi e due misure, in Computer Programming n°75, 1998.

105 In particolare si è osservato che «ogni mese centinaia di migliaia di CD inondano i mercati violando spudoratamente i diritti dei programmatori e causando danni economici di portata clamorosa.

Stranamente una situazione così palese non ha mai suscitato l’interesse e poi l’attenzione delle forze dell’ordine e dunque riviste, periodici, internet provider, continuano ad abusare del lavoro di tanti ignoti sviluppatori allegando a giornali e kit di accesso alla rete raccolte di programmi shareware». A.Monti, Diritto d’autore…, op.cit.

106 Storm Impact, Inc., et al. v. Software of the Month Club, No. 95 C2154, U.S. Dist. Lexis 11789 (N.D. Ill., July 29, 1998). La Corte ha affermato che «unauthorized commercial distribution of shareware posted on the Internet in violation of express restrictions prohibiting such distribution infringed plaintiffs’ copyright in the software.

Because such distribution did not amount to fair use, the court held defendant liable for statutory damages in the amount of $20.000».

107 «Plaintiffs marketed two computer games in which they held copyrights by posting them on the Internet as shareware. The versions of the software posted as shareware permitted the user to play only half of the game, a mock ski run. If the user paid plaintiffs a registration fee, he was provided a key and registration number which permitted operation of the entire game.

Each product contained express restrictions on its use. While permitting and encouraging free copying and distribution among family and friends, these restrictions prohibited commercial distribution of the software, distribution in exchange for compensation, or alteration of the products». Storm Impact Inc. v. Software of the Month Club, 13 F.Supp.2d 782 (N.D.Ill. 1998).

108 «Defendant Software of the Month Club provides newly released shareware to its customers. In exchange for a monthly fee, club members regularly receive a CD-Rom disk containing what defendant considers to be the best new shareware currently available. Defendant advises its members that they should register their shareware with the authors if they like the work.

Defendant included plaintiffs’ programs in one of its offerings to club members. Charging that this distribution infringed their copyright in the software, plaintiffs commenced suit. After a bench trial, the court agreed, and awarded plaintiffs $20,000 in statutory damages for this copyright infringement.

Defendant conceded that its activities infringed plaintiffs’ copyright. However, it argued that “because [plaintiff] posted its shareware product on the Internet for non-commercial distribution, any reservation of its rights with regard to commercial distribution failed. By publishing its shareware, [defendant] says that [plaintiff] impliedly consented to [defendant’s] distribution». Storm Impact Inc. v. Software of the Month Club, 13 F.Supp.2d 782 (N.D.Ill. 1998).

109 «The court rejected this argument, holding that plaintiffs could post their software on the Internet for free distribution and still validly restrict the uses to which it was put by posting express reservations on such use. Said the court:

Protecting material placed on the Internet for free distribution appears to be a question of first impression. I find that [plaintiff’s] express reservations of distribution rights are valid, enforceable, and militate against a finding of fair use.

The court also found that defendant’s activities did not amount to permissible “fair use” of plaintiffs’ software under section 107 of the Copyright Act. In reaching this conclusion, the court pointed to the fact that defendant had copied plaintiffs’ shareware programs in their entirety, had not altered or transformed the programs in any way, had made a profit from their distribution and had a negative impact on the potential market for the products.

Defendant argued that its increased distribution of shareware along with defendant’s product recommendation helped plaintiffs market their product. The court rejected this argument on plaintiffs’ evidence that club members were less likely to pay plaintiffs a registration fee because they had already paid defendant a monthly subscription fee to receive the shareware. The court also found that defendant created ill will among consumers because of poor technical support given regarding plaintiffs’ products.

The court did not find defendant’s infringement to be willful, however. Said the court:

I … find that [defendant] did not willfully infringe [plaintiff’s] copyrights. This case was an issue of first impression, and [defendant] has made a plausible, although ultimately unconvincing, case that [plaintiff’s] release of the free software indicated its implied consent and that the remaining restrictions on the shareware’s use were enforceable. Furthermore, once notified that [plaintiff] did not consent, [defendant] removed MacSki and TaskMaker from its monthly compilations». Storm Impact Inc. v. Software of the Month Club, 13 F.Supp.2d 782 (N.D.Ill. 1998).

110 A.Monti, Diritto d’autore…, op.cit.

111 A tale proposito è illuminante quanto affermato dalla Corte distrettuale americana: «Shareware is not a kind of software, it is a way of marketing software as an alternative to retail selling; it is much cheaper than conventional retail methods.

The federal government has defined shareware as «copyrighted software which is distributed for the purposes of testing and review, subject to the condition that payment to the copyright owner is required after a person who has secured a copy decides to use the software». 37 C.F.R. § 201.26.

Shareware gives the user an opportunity to use the product and try it out before buying it.

There are two common forms of shareware. With the first, the owner of the software makes the complete software available to users without charge for the purpose of evaluation. If users wish to keep the software after a trial basis, they must forward a registration fee to the owner. Shareware programs distributed in this manner rely to a large extent on the honesty of the users.

The second form of shareware contains the computer equivalent of a lock on part of the program. The «lock»  is a feature built into the software program which disables portions of the program. The user can sample the unlocked portion at no charge, and, if the user likes what he sees, he can buy the key in the form of a floppy disk and registration number which enables the user to use the whole program. Storm Impact used this second form of shareware to market TaskMaker. Storm Impact, Inc., an Illinois corporation, and David Alan cook, plaintiffs, v. Software of The Month Club, defendant; 1998 U.S. Dist. LEXIS 11789 (ND Ill. 1998).

112 Afferma A.Monti, Diritto d’autore…, op.cit. «In primo luogo bisogna considerare, infatti, che una raccolta di programmi acquista un valore più elevato rispetto ai singoli programmi, come nel caso in cui ci si trova di fronte ad una selezione ragionata di programmi da impiegare in rete. Invece di impazzire cercando qua e là l’applicativo che mi occorre che poi occuperà comunque spazio su disco o sui supporti removibili sarebbe molto più vantaggioso che qualcuno mi fornisse in un colpo solo client di posta elettronica, chat, FTP, crittografia, internet phone e via discorrendo.

Anche facendo finta di ignorare che il costo di questa raccolta non corrisponde al semplice costo di produzione dei supporti, rimane il fatto che «l’effetto collezione» consente un chiaro impiego commerciale.

Questo è ancora più vero quando si passa alle riviste, sia nel caso in cui il prezzo della testata è differenziato a seconda della presenza o meno della raccolta di programmi, sia, ed è peggio, nel caso in cui la presenza del CD non provoca alcun aumento di prezzo.

In quest’ultimo caso si manifesta ancora più pesantemente l’utilizzo commerciale dei programmi che infatti vengono usati per attirare clientela o lettori. Non ci vuole molto a capire che fra due riviste di pari costo verrà privilegiata quella con il CD allegato. Identico discorso vale per i fornitori di accesso ad internet che insieme agli abbonamenti distribuiscono spesso centinaia di mega in programmi».

113 In tal senso A.Monti, Diritto d’autore…, op.cit.

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